Storia di una valigia Vuitton

Louis Vuitton, uno dei brand di alta moda più famosi, è nato dal genio omonimo a metà dell’Ottocento, ed inizialmente si occupava di valigie.

Louis Vuitton
Louis Vuitton (1821-1892)

Le origini e le innovazioni

In quegli anni infatti veniva inaugurata la prima ferrovia in Francia e una nave europea attraversava l’Oceano Atlantico per la prima volta. I bauli, per i più ricchi che potevano permettersi di viaggiare, erano prodotti in legno di pioppo e su misura. Il giovane Vuitton quindi scelse molto intelligentemente il suo lavoro: aprì nel 1854 una sua valigeria di lusso, la Louis Vuitton: Malletier a Paris. L’attenzione ai particolari e la ricerca di materiali unici lo portò a diventare particolarmente abile ed apprezzato nel suo campo.

Vuitton Keepall
Keepall bag

Nel 1858, Vuitton creò il suo primo baule innovativo. Aveva il coperchio piatto e non bombato, con struttura in cuoio ricoperta dal Grey Trianon, una particolare tela impermeabile e più leggera delle tradizionali valigie in legno. Gli angoli erano rinforzati con metallo ed era semplice da trasportare. All’interno era dotata di scomparti di varie dimensioni. Inoltre, cosa ancor più importante, aveva le giuste dimensioni per essere posto nella cuccetta dei treni o nelle stive dei transatlantici. Con questo baule, di successo clamoroso, verrà inaugurata la concezione moderna del viaggio e della vacanza come svago, nel quale bisogna selezionare e portare con se’ determinati oggetti e capi.

Intanto la maison iniziò a produrre un altro genere di bagaglio completamente nuovo: le borse morbide. La prima è stata la Steamer Bag (1901), simile a uno zaino; ma sarà con la Keepall (1930), un borsone cilindrico, che i bagagli morbidi s’imporranno alla ribalta mondiale. Da quel momento, i bauli Vuitton saranno venduti in tutto il mondo, e finiranno nelle mani di moltissime grandi star.

Vuitton Damier
Dettaglio tela Damier

A questi anni risalgono due dei suoi più famosi pattern: la tela Damier e il monogram. La prima era a quadri marroni e beige, rivisitata nel 1996 come la conosciamo oggi, con stampato il logo Marque L. Vuitton déposée, ossia “marchio registrato L. Vuitton”. Il secondo invece è di invenzione del figlio ed è ispirata agli emblemi orientali. Le iniziali del fondatore erano affiancate da fiori a quattro petali e quadrifogli. Anche questo divenne uno status-symbol, ed è oggi universalmente conosciuto.

L’aspetto economico-finanziario

Vuitton LVMHNel 1989, il brand viene unito al marchio di champagne Moët Hennessy, e nasce così la LVMH, uno dei più grandi poli del lusso mondiali, proprietario di brand di alta moda, cosmesi, alcolici ed editorie. Il marchio Louis Vuitton, secondo una strategia già usata da Karl Lagerfeld con Chanel, verrà trasformato da un ricco industriale capitalista, Recaimer. Egli si pose l’obiettivo di trasformare il brand in un marchio che rappresentasse l’idea di viaggio di lusso e di proporla sul mercato internazionale. Come? Fu progettato un piano di comunicazioni e pubblicità, furono sponsorizzati eventi come la American Cup, e si fabbricarono i prodotti solamente in Francia utilizzando un metodo produttivo fortemente vicino a quello artigianale. La strategia fu di grande successo ed elevò il brand ai livelli che conosciamo oggi.

Louis Vuitton oggi

Vuitton Petite Malle
Petite Malle

Nel 1988 Marc Jacobs ne diventa direttore creativo e inaugura nella società la prima linea prêt-à-porter di abbigliamento maschile e femminile. Apportando un tocco di fantasia e colore in più, modernizzando il brand ma allo stesso tempo mantenendolo classico, Jacobs, con la propria visione della storia e della cultura della moda, ha mantenuto viva la tradizione di Vuitton. Le sue collezioni erano lussuose, atemporali e ricche di dettagli. Nel 2013 viene sostituito da Nicolas Ghesquière, ancora oggi in servizio.

In questi anni il compito di Ghesquière è stato quello di creare nuovi accessori, ma anche di rilanciare il prêt-à-porter, che al momento rappresenta solo il 5% delle vendite totali del brand. «Sto aggiungendo nuove categorie, infondendo nuovi elementi e sto anche introducendo delle nuove borse» ha detto il designer al Financial Times. Al logo ha dato uno stile più contemporaneo, cambiando il carattere delle scritte. Ha lanciato la borsa Petite Malle, che per forma e chiusura ricorda i vecchi bauli Vuitton, ma è molto più piccola e si può portare a mano o a spalla come una normale borsa. Per quanto riguarda i vestiti, Ghesquière si ispira con nonchalance ai mondi più disparati: architettura, fantascienza, personaggi famosi, mantenendo sempre i riferimenti poco espliciti. Infine ha puntato molto sulle pre-collezioni, con eventi al di fuori dei consueti circuiti della moda. Un investimento molto importante sull’immagine, che sembra però funzionare. Dal 2019 il direttore creativo è Virgil Abloh.

Ultimamente due collaborazioni hanno riscosso molto successo, quella con Supreme e quella con Jeff Koons. In particolare quest’ultima, realizzata con l’artista statunitense e intitolata Masters, presenta una linea di borse e accessori in cui vengono reinterpretate in chiave neo-pop le più famose opere pittoriche di sempre, dalla Gioconda alle ninfee di Monet. Il tutto stampato su borse firmate Vuitton e abbellite da intarsi dorati con il monogram e il nome del pittore.

 

Photo credit: Google.it;

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