Poiret è anche passato alla storia per aver liberato le donne dalla costrizione del corsetto e per averle vestite con i pantaloni. Se sulla prima innovazione non si può contestare nulla, sulla seconda è necessario fare una precisazione. Sebbene suscitarono grande scandalo in quanto all’epoca erano ancora un capo esclusivamente maschile, i pantaloni non erano un mezzo di emancipazione, quanto piuttosto un’assimilazione della cultura orientale. La donna di Poiret, lontana dalle contestazioni femministe, doveva essere una favolosa e sensuale odalisca.
Il couturier amava i colori forti: verde, viola, blu di Francia, rosso. Egli condusse una vera e propria campagna contro i mauve e i colori tenui che andavano di moda all’epoca. Ecco perché la passerella di Yin era dominata da abiti sgargianti e iridescenti, che rilucevano ancora di più grazie a scarpe metallizzate.
“Teatralità” era una delle parole che distingueva lo stilista parigino, al punto che fu spesso incaricato di eseguire costumi di scena, soprattutto quando in Francia iniziò la stagione dei balletti russi (1909-1910). Le sue ispirazioni erano l’Oriente, vicino e lontano, e l’antica Grecia. Lo stesso non si può dire del lavoro di Yin, più nota per la sua delicatezza, ma la designer ha comunque osato con i tessuti asimmetrici e il jacquard stampato, facendo forza anche sui suoi caratteristici tessuti plissetati.
Si può notare quindi che la designer cinese ha riportato in vita la maison parigina ancorandosi a quella che è l’eredità fondamentale di Poiret−basti vedere il taglio oversize di abiti e tute che possono essere portati sciolti oppure allacciati in vita. Ovviamente bisogna guardare avanti e procedere verso le novità, ma come esordio è sicuramente apprezzato dato che non è stato un semplice plagio dei capi più iconici negli archivi. La femminilità e la sensualità della donna di Poiret ritornano prepotentemente sulla scena dalla moda internazionale.