I sei momenti iconici di Alexander McQueen in passerella

McQueenDa sempre definito l’enfant terrible del mondo della moda, Lee Alexander McQueen ne è uno dei personaggi più ribelli. Con la sua personalità e il suo gusto per l’arte lo stilista, morto suicida appena quarantenne, ha sfidato più volte le regole del fashion, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “hooligan dell’alta moda”. Secondo Vogue, il suo stile traeva forza e nutrimento dalla provocazione, dalla necessità di spingersi oltre, di annullare il confine tra il possibile e l’impossibile. McQueen sosteneva infatti che le persone non volessero dei semplici vestiti, ma anche qualcosa che scatenasse la loro immaginazione. Lui è stato capace di offrire tutto ciò in una serie di iconici momenti nei suoi show.

 

 

McQueen 1996PRIMAVERA/ESTATE 1996

La collezione, dal nome Dante, era improntata a pizzi e asimmetrie. Il pezzo che ha scosso il pubblico, però, è stato il bumster trousers. Questo tipo di “pantalone” aveva delle aperture che lasciavano scoperti i fondoschiena delle modelle. Inoltre esse portavano dei copricapi con corna ricoperti di pizzo. Fin dai suoi primi show, McQueen ha portato in passerella la provocazione pura, facendo arrossire i benpensanti.

McQueen 1998PRIMAVERA/ESTATE 1998

Il lattice attillato e i tessuti trasparenti erano i protagonisti di una sfilata che esaltava la nudità e il sex appeal maschile e femminile. Tocco finale alla McQueen è stato un vero e proprio temporale in passerella. La pioggia faceva aderire i vestiti ai corpi dei modelli e delle modelle, fino a farli diventare una seconda pelle bianca e lucida.

McQueen 1999PRIMAVERA/ESTATE 1999

Il finale della collezione, realizzata per Givenchy, è stato un vero e proprio momento fondante per la storia della moda. La modella Shalom Harlow, con un vestito bianco ampio e senza spalline, si è trasformata una vera e propria tela umana. In piedi su una piattaforma rotante, è stata bersagliata da robot che schizzavano in tempo reale sul suo abito della tempera verde e nera. Il disegno creato era unico, realizzato sul momento e ammirato dalla folla dei presenti. In quegli istanti arte, moda e creazione erano diventate una cosa sola.

McQueen 2003

AUTUNNO/INVERNO 2003

Ispirato a un viaggio di un nomade desolato nella tundra, ma con abiti di pelle aderente e pattern futuristici. Sempre a proposito di fenomeni meteorologici, McQueen ha fatto sfilare le sue modelle in un tunnel, investite da raffiche di vento. Potevano a malapena camminare, ma l’effetto sugli strascichi di chiffon dipinto a mano che svolazzavano loro dietro toglieva il respiro. Alcuni erano lunghi anche 20 metri.

McQueen 2005PRIMAVERA/ESTATE 2005

Giacche da marinaretta, blazer stile divise di scuola, pantaloni al ginocchio, camicette di pizzo e dolci vestiti nella prima parte; gonne a palloncino di colori pastello, chiffon floreale, vestiti stile impero nella seconda. Per questa romantica e femminile collezione, McQueen aveva posizionato ogni look su un pavimento a forma di scacchiera. Quando le 36 modelle avevano preso posto, tutto era perfetto, e le varie silhouettes ed ispirazioni che lo stilista aveva utilizzato nel tempo e qui ripresi hanno acquistato la loro singolarità. Modelle con outfit opposti si sono anche sfidate, camminando una contro l’altra. Scacco matto!

McQueen 2010PRIMAVERA/ESTATE 2010

McQueen strega con una collezione dal sapore di rettile, farfalla e alieno insieme. Tuttavia gli abiti sono stati messi in ombra dalle famose Armadillo shoes, tacchi alti 10 centimetri che sfidano la gravità, a forma di chela di granchio allungata. Nessuna delle modelle tentennava (Rubenstein le definì «ergonomicamente straordinare») , eppure queste scarpe hanno riacceso l’eterno dibattito sull’altezza dei tacchi relazionata alla salute del piede. Furono matissime da Lady Gaga in Bad Romance.

Nonostante questi shows eccezionali, lo stilista ha sempre insistito sull’importanza dell’equilibrio fra sfilata e capi: «Lo spettacolo non deve eclissare gli abiti o viceversa. Deve sempre esserci una sorta di interazione col pubblico per trasmettere il messaggio che si ha in mente». Probabilmente la sua genialità si evinceva anche da questa dichiarazione. Innovatore, artista a tutto tondo, ma anche rispettoso di ogni ambito della moda, l’arte che più gli era congeniale.

 

Photo credit: Google.it

 

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